Simona Bottoni, Ricercatrice associata dell’IsAG, è stata intervistata da Tatiana Santi per “La Voce della Russia” a proposito del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Brasile.
“La Voce della Russia” è l’emittente in lingua italiana del canale internazionale della radio pubblica russa.
L’intervista integrale, pubblicata lo scorso 9 ottobre, può essere riascoltata cliccando qui.
Qui di seguito la trascrizione dell’intervista:
Brasile, meno BRICS e più USA se a vincere fosse Aecio Neves
Qual è il ruolo del Brasile sull’arena politica internazionale? Quali prospettive si apriranno per i Paesi Brics dopo gli esiti delle presidenziali in Brasile? Attendendo il ballottaggio tra Dilma Rousseff e Aecio Neves previsto per il 26 ottobre, cerchiamo di rispondere a queste domande grazie all’aiuto di Simona Bottoni, ricercatrice dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze ausiliarie (l’IsAG) e latinoamericanista esperta di Brasile, che ha rilasciato un’intervista a “La Voce della Russia” sul peso geopolitico del Brasile nei Brics e negli equilibri mondiali.
- Gli esiti delle presidenziali in Brasile come potranno influenzare secondo Lei i rapporti nel Brics e le relazioni con la Russia?
- Sicuramente il quadro politico che si sta delineando in Brasile ha sorpreso un po’ tutti gli osservatori sia internazionali ma anche brasiliani stessi. Non ci si aspettava che al ballottaggio potesse arrivare Aecio Neves, i sondaggi davano con molta certezza un ballottaggio tra le due leader donna, Marina Silva e l’attuale presidente in carica Dilma Rousseff.
Nel contesto internazionale il partito conservatore di Aecio Neves qualche cambiamento dovrebbe produrlo, il che andrebbe ad avere delle ripercussioni a livello geopolitico e non solo all’interno dei Brics. Il Brasile ha un ruolo preminente nel Brics, avendo stretto accordi forti con la Russia, partner privilegiato in questi equilibri geopolitici che vanno sempre più spostandosi da un bilateralismo a un multilateralismo. Questi nuovi aggregati geopolitici hanno un ruolo molto forte e stanno ponendo in discussione il predominio dei Paesi occidentali, in primis quello degli Stati Uniti.
Se dovesse vincere Dilma Rousseff, quello che si augurano probabilmente molti brasiliani e molti leader mondiali, non sarebbe per nulla sovvertito questo cammino. Di recente il Brasile della Rousseff si è fatto promotore di molte iniziative, tra le quali anche quella di fondare una banca dei Brics con l’obiettivo di superare il dollaro come valuta di riserva.
- Quali prospettive vede per i Brics, si allargherà quest’unione secondo lei?
- Sicuramente ha una prospettiva di allargamento, gli obiettivi che si pongono i Brics dovrebbero andare in funzione a partire dal 2015-2016. Chiunque dovesse poi rappresentare il Brasile all’interno dei Brics, dovrà tenere conto di quest’impegno. Bisogna vedere poi con quali intenti. Il Brasile di Dilma Rousseff ha cercato di muoversi all’interno del Brics in funzione antistatunitense, questo è molto chiaro, perché ha stretto accordi commerciali con la Russia di Putin, anche ad agosto scorso, proprio approfittando della crisi ucraina. Sono state incrementate le esportazioni di carni verso la Russia, poiché Putin ha bloccato l’export agroalimentare nei confronti degli Stati Uniti e dell’Europa nella querelle formatasi con l’Ucraina. Il Brasile diventa un Paese d’appoggio e di contraltare con cui avere scambi commerciali, che prima sarebbero stati conclusi con Paesi occidentali.
- Come potremmo definire in conclusione il ruolo geopolitico del Brasile nel contesto Brics, ma anche come attore sull’arena politica mondiale?
- Negli ultimi 12 anni è emerso questo ruolo in maniera ineluttabile. Il Brasile, prima quello di Lula, e poi quello di Dilma Rousseff, è stato ed è un Brasile che si vuole porre come player globale nei confronti di tutti gli altri Paesi che contano sullo scacchiere internazionale, stringendo accordi con i paesi Brics, in America Latina e con la Cina. Questo sposta l’asse commerciale verso oriente, con particolare riguardo anche all’Africa, perché nella politica estera brasiliana c’è l’intenzione di non rinnegare le proprie radici, che sono quelle africane, e di essere di aiuto per quei Paesi senza questo sviluppo a portata di mano.
Tutto ciò con Aecio Neves e il suo partito conservatore filo statunitense, che si dichiara pronto a sottoscrivere accordi di cooperazione con gli Stati Uniti, verrebbe messo in discussione.